Un
libro è pura fantasia. Quando una storia è scritta ci sono tante
ragioni per averla messa in quel modo lì. Messa in scena, intendo.
La scena però si svolge dentro la testa di ciascuno che legge. Come
un copione è una dichiarazione d' intenti un libro è la sua
ispirazione. Quello che i fatti suggeriscono di fare o dire per una
determinata scena. La realtà a parte la realtà (quella vera). Il
cinema tratto dal libro è una specie di “se non capisci ti faccio
un disegno”. Io ho capito ma a volte il disegno aiuta. E' una
specie di dottore al quale chiedi un secondo parere. Il primo è
logicamente il più autorevole e ti sei rivolto a lui per primo
perché te lo hanno consigliato persone fidate o hai avuto i tuoi
parametri per andare da lui prima di altri. Non è che non ti fidi
completamente ma semplicemente vorresti cavartela con meno
sbattimenti.
Ecco
il libro è una cura a quel famoso buco. Anche
il cinema lo è, in un certo senso, come terapia d'urto. Un
libro è omeopatico, ti chiede il suo tempo, per agire e raggiungere
illuminazioni che a volte basterebbe lo stesso tempo e una
passeggiata in più ogni tanto. Ciononostante vogliamo di più, non
ci basta immaginare con l'immaginazione, vogliamo poterlo fare per
“davvero”.
Chiamerei
pigrizia mentale o semplice risparmio energetico, suona vantaggioso,
quella pratica che porta a scoprire il libro e leggerlo avendo visto
il film.
Succede
allora che non solo si fa meno fatica a seguire la storia
conoscendone gli sviluppi, quando questa è rispettata per lo meno.
La
chimica di un film e il suo livello di persuasione sono tali che
portano a compensare e trovare rimedio alla mancanza di cui sopra
anche se non ci crediamo veramente.
Un
libro non pretende questo passaggio, anzi deve soprattutto essere
plausibile (per prenderti la briga di immaginare devi almeno credere
a quello che leggi). Come se invece dell'autostrada l'immaginazione
facesse un percorso tortuoso e ridicolo. Vedi parole che suggeriscono
immagini, immagini che portano a concetti, concetti che costruiscono
pensieri, pensieri che producono parole (altre, con buona pace di
Battisti e Mogol)
Sembrerebbe
fin qui un complotto, devo starmene seduto qui perché là fuori c'è
un brutto mondo, o la verità. A volte le due cose coincidono. Quando
leggi vai più lento di un film (a meno che non sia uno di quegli
adattamenti della Bibbia). Ho bisogno delle immagini, ho bisogno di
vedere (tutto e subito), di scoprire cosa c'è davvero da vedere. Il
libro sembra ricordarti continuamente quello che la polizia -
mentendo - ti rivela al contrario, normalmente di fronte a
“spettacolari” incidenti.
La
vera immagine che ognuno si fa del libro tradotto e ridotto in film è
falsificata, nessuna sa dire esattamente in che parte è stata
tradita e trascurata la sua personale versione di “persona
informata sui fatti”. Non c'è rimedio a un'arrabbiatura da lettore/detrattore. C'è una grossa delusione invece in un libro letto in
seguito alla visione del film.
Un
film (specialmente se doppiato) ti porta a conclusioni affrettate,
non lascia porte aperte, tende a consolare e rassicurare, in
quest'ordine.
Un
libro fa discutere. Se è buono fa addirittura cambiare.
Se
invece hai visto il film hai sviluppato anticorpi per quella malattia
che si chiama “mettersi in discussione”, ceppo modificato del
paziente zero che ha contratto in forma mortale la malattia per
antonomasia: “il libero pensiero.”
“Casablanca”
dicevano che andrebbe visto attraverso una cortina di fumo.
E'
qui che è il succo di tutta la vicenda. L'esperienza, o il modo più
rapido per raggiungerla anche con l'autoinganno. Oppure la sua
negazione (dell'esperienza): il racconto, la registrazione di esso e
la sua interpretazione.
“On
The Road” mi è piaciuto perché torna indietro su questo percorso.
Fa su la strada al contrario.
Il
libro mette in contrasto Dean e Sal. Sal è spesso associato a
kerouac, ecco lui si mette a seguire Dean ma non vive le sue
esperienze, non del tutto, mai fino in fondo. Perché sta prendendo
appunti mentali mentre accadono. Le filtra. Dean è la vita che
scorre e “ha il senso del tempo”, come ripete spesso.
Un
libro è spaziale, riempie la testa come la musica dello stereo fa
con la tua camera. E' il film che genera il libro, è il suo futuro
vissuto nel presente.
Di Umberto Pettazzoni